Carl Panzram criminale dalla nascita
Soprannome: Il predatore del fiume Hudgson
Luogo omicidi: Africa e U.S.A.
Periodo omicidi: 1923 – 1929
Numero vittime: 21
Modus operandi: strangolamento e uso di armi bianche
Cattura e Provvidementi: arrestato il 16 agosto 1928, impiccato il 5 settembre 1930
La famiglia Panzram emigrò dalla Prussia (regione storica della Germania settentrionale) al Minnesota in cerca di fortuna. Qui, nonostante le difficoltà economiche, i Panzram ebbero sette figli, una femmina e sei maschi, tra cui Carl, che nacque il 28 giugno del 1891.
A fatica i Panzram riuscirono ad acquistare un piccolo podere, dove poterono dedicarsi alla coltivazione della terra, tranne Carl, che aveva invece la propensione per il furto. Per punirlo delle sue malefatte, i suoi fratelli spesso lo picchiavano e lo chiudevano a chiave nella sua stanza senza dargli nemmeno da mangiare.
Il capofamiglia spendeva quasi tutto il denaro in alcool e prostitute, finché un giorno non fece più ritorno a casa sparendo nel nulla. Ciò fece precipitare la situazione, costringendo la famiglia a vendere il terreno.
I continui furti del piccolo Carl lo portarono al suo primo arresto all’età di soli undici anni; in riformatorio la rabbia e la frustrazione del ragazzo si trasformarono in violenza nei confronti degli altri giovani detenuti, tanto e vero che fu messo in isolamento.
Dopo tre anni fu rilasciato e la madre Lizze, sperando che quel ragazzo fosse almeno in parte cambiato, iscrisse Carl nella scuola di Warren. Il rapporto con l’insegnante fu però burrascoso, soprattutto perché questa lo malmenò diverse volte davanti ai compagni di classe, così alla fine Carl decise di lasciare il Minnesota e la famiglia senza una destinazione precisa.
A quindici anni si ritrovò a vagare nel Montana, tra vagabondi, ladri, prostitute e truffatori di ogni genere. L’elemosina diventò l’unico modo per sopravvivere.
Una sera venne raggirato da quattro uomini che, con la promessa di dargli dei vestiti nuovi, lo portarono in un luogo isolato e lo violentarono tutta la notte.
Per tre anni Panzram visse tra furti e violenze, fino quando si arruolò nell’esercito, dove però la sua indole non cambiò: dopo circa un anno venne sorpreso mentre stava rubando dei soldi nell’ufficio del Comandante, perciò venne condannato e rinchiuso nel carcere militare di New York, dove diede alle fiamme l’officina del penitenziario.
Il periodo di detenzione finirà solo nel 1912, rimettendo in libertà un uomo rabbioso, che sfogherà tutta la sua collera sulle sue future vittime.
Carl si stabilì per un po’ di tempo nella città di New Haven, nel Connecticut. Lì, una notte, penetrò in una villa dove poté rubare molti oggetti di valore. Con il ricavato, si comprò uno yacht: la barca fu registrata con il nome di John O’Leary.
Navigando con la sua imbarcazione, Carl attirò diversi marinai con la scusa che era in cerca d’aiutanti per i suoi commerci e con la promessa di lauti guadagni. Una volta saliti a bordo, li faceva ubriacare, poi li torturava e li violentava, infine ne sezionava i corpi e li gettava in mare.
Il suo perverso piacere durò poco, perché un uragano distrusse il suo natante.
Nel 1921, Panzram si fece assumere come operaio da una compagnia petrolifera che operava in Africa.
Sbarcato nella città di Luanda, conobbe una sera un ragazzo di undici anni, a cui offrì dei soldi in cambio di compagnia. Quando i due si appartarono, il giovane si rifiutò di acconsentire alle richieste di spogliarsi, perciò Carl, furibondo, lo violentò e, con forza inaudita, gli fracassò la testa contro una roccia. Tempo dopo Panzram dirà a proposito: “Il suo cervello fuoriusciva dalle orecchie, ed io me ne stavo lì a guardare compiaciuto“.
Naturalmente non tornò più sul posto di lavoro, ma si spostò invece in un villaggio di pescatori dove, spacciandosi per un cacciatore di coccodrilli, trovò degli indigeni che si offrirono di aiutarlo in cambio di una bella percentuale sui profitti ottenuti.
Portò con se sei uomini, tra cui due ragazzi, che, durante la battuta di caccia, uccise tutti a sangue freddo con dei colpi di pistola. Fatti a pezzi i corpi con un machete, mise i resti a bordo di una canoa e li diede in pasto ai coccodrilli, gustandosi tutta quell’orribile scena.
Alcune volte si recava in piccoli villaggi, alla ricerca di ragazze minorenni. Pagava la loro compagnia per una giornata e poi si divertiva sodomizzarle e umiliarle in tutti i modi, prima di riportarle terrorizzate a casa dai genitori, con i quali, approfittando dell’ignoranza di quelle genti, si lamentava che le ragazze non avevano fatto bene la propria parte.
Dopo circa un anno, Panzram fece ritorno negli Stati Uniti, precisamente a Salem, nel Massachusetts, la città delle streghe.
Lì, nell’estate del 1922, incontrò un ragazzo di undici anni di nome Henry McMahon: lo fermò mentre stava rientrando a casa e gli diede dei soldi in cambio di un lavoretto. Lo fece quindi salire nella sua automobile e con questa si diressero verso un luogo isolato, dove Carl violentò ripetutamente il ragazzino. In seguito, lo uccise sbattendogli la testa contro un muro, gli aprì la bocca e ci infilò della carta. Il corpo fu ritrovato dopo tre giorni dalla polizia, in stato di decomposizione.
Dalle indagini risultò che un uomo era stato visto in compagnia del ragazzo nel pomeriggio della scomparsa, ma i testimoni diedero una descrizione insufficiente e la polizia non riuscì ad andare avanti con il caso.
Nel giugno del 1923, Panzram si trova nuovamente nel Connecticut per cercare una barca da prendere in “prestito”. Una volta trovata, navigò sul fiume Hudson per poi attraccare a Kingston, dove passò una serata in un locale della città offrendo da bere, fino a quando conobbe finalmente un potenziale compratore interessato alla “sua” imbarcazione. Una volta a bordo, gli sparò alla testa, uccidendolo. Quindi, con un ascia, tagliò a pezzi il cadavere e li gettò nel fiume.
La polizia mise in allarme tutte le città che si affacciavano sul fiume, avvisando i cittadini che in circolazione c’era un Killer spietato, definito come “Il Predatore del fiume Hudson”.
Il 9 agosto del 1923, a New Haven, un ragazzo di quattordici anni di nome Alexander Luztock stava chiedendo l’elemosina, quando gli si avvicinò l’assassino che gli diede qualche centesimo; dalla tasca uscì però anche un lungo coltello, con il quale Carl obbligò il ragazzo a seguirlo. Lo portò in una zona deserta, dove lo violentò e lo torturò con il coltello, infliggendogli delle ferite profonde, e dove lo uccise, strangolandolo con una cinghia. Due giorni dopo, un passante trovò dietro ad un cespuglio il corpo del ragazzo, dilaniato dagli animali.
La notte del 26 agosto 1923, il Killer s’introdusse in un magazzino sorvegliato da un guardiano, si nascose dietro ad una colonna con in mano un’ascia con l’intento di decapitarlo. Il vigilante sentì però dei rumori e cominciò ad avvicinarsi piano piano verso la loro fonte, fino a quando la lama di un’ascia gli passò davanti al viso, ferendolo di striscio. Sopravissuto e pronto di riflessi, il vigilante ingaggiò una violenta colluttazione, al termine della quale Carl fu immobilizzato ed arrestato.
In carcere, Panzram confessò ventuno omicidi e decine di violenze ai danni di ragazzini, aggiungendo con disprezzo che non c’era nessun movente: l’aveva fatto solamente perché la cosa gli piaceva.
Durante la detenzione, tentò la fuga, ma mentre stava scavalcando un muro cadde e si ruppe entrambe le caviglie, così fu rinchiuso in isolamento.
Fu poi ricoverato nell’ospedale psichiatrico, dove fu messo sotto stretta sorveglianza. Tutte le misure cautelari nei suoi confronti non gli impedirono di consumare un altro delitto: la vittima fu un infermiere, preso alla sprovvista e massacrato con molteplici coltellate al torace.
Ritenuto un pazzo sadico, l’assassino fu rinchiuso nella prigione di massima sicurezza a Washington. Rimasto rinchiuso per cinque anni in attesa della sentenza definitiva, sembrò essersi placato, tanto che gli fu assegnato un lavoro nella lavanderia del penitenziario.
Il 20 giugno del 1929, il responsabile della lavanderia Robert Warnke gli assegnò un compito da svolgere, ma Panzram, senza dire nulla, afferrò invece una sbarra di ferro e lo colpì alla testa ripetutamente, tanto da renderlo irriconoscibile e imbrattando tutta la stanza di sangue.
Dopo questo episodio, il processo fu anticipato e, appena il giudice ebbe emesso la sentenza che lo condannava a morte, Panzram si alzò e disse: “Signor giudice vorrei ringraziarla per questa condanna, ma vorrei avere anche un minuto di libertà, per mettere le mie mani intorno al vostro collo in modo che non possiate più sedere in nessuna aula per giudicare il prossimo“. Poi aggiunse: “Non credo nell’uomo, in Dio e nel Diavolo, odio la razza umana e maledico tutti. Ho ucciso i deboli, gli innocenti, questa vita l’ho imparata dagli altri. Non ho nessun desiderio di cambiare, l’unico mio desiderio e di cambiare le persone e per cambiarle bisogna ucciderle. Il mio motto è: rubare, stuprare e uccidere. Ho sodomizzato spesso gli uomini, non perché ero un omosessuale, ma perché volevo dominarli, umiliarli e torturarli“.
Ci fu comunque qualcuno che si oppose alla pena capitale, ma Carl con astio disse loro queste testuali parole: “Vorrei che voi tutti aveste un solo collo e che io vi avessi sopra le mani“.
Il 5 settembre del 1930, con aria sprezzante e senza un minimo di rimorso e paura, mentre il boia gli stava infilando il cappio al collo, Panzram pronunciò queste parole: “Sbrigati bifolco, riuscirei a impiccare una dozzina di persone mentre te ne stai a perdere tempo“.
Panzram si può considerare a tutti gli effetti un soggetto che fin dall’infanzia ha avuto nel sangue un odio sconsiderato verso il prossimo, un disprezzo che va aldilà di ogni razionale ragione, un uomo che fino all’ultimo respiro lasciò tutti sconcertati.
Luigi Pacicco gennaio 2007
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