Callisto Grandi – L’Ammazzabambini

Biografie

Foto del serial killer Callisto Grandi Soprannome: Ammazzabambini
Luogo omicidi: Incisa Valdarno (Italia)
Periodo omicidi: 1873 – 1875
Numero vittime: 4
Modus operandi: non accertato
Cattura e Provvidementi: venti anni di lavori forzati, dopo i quali finì la sua vita in un manicomio

La storia di Callisto Grandi sembra tratta da un romanzo d’altri tempi, dove la vita di ogni singola persona si svolge esclusivamente nel paese che, per quanto piccolo sia, diventa il centro nevralgico del mondo di ognuno.
Grandi nacque a Incisa Valdarno, nel 1849. Di aspetto deforme, basso e calvo, con la testa sproporzionata al corpo e con sei dita in un piede, era oggetto di scherno da parte di tutto il paese. Orfano e “zitello”, l’uomo era inoltre molto povero e di scarsa intelligenza.
Aveva un’attività di carradore, ovvero riparava e costruiva carri, e proprio nella bottega i bambini andavano per deriderlo. Sempre in quel posto, troveranno però anche la morte.
Grandi uccise infatti quattro bambini, nel periodo che va dal 1873 al 1875, rei di averlo preso in giro.
Esausto, l’uomo andò a lamentarsi con il sacerdote e il maestro del paese, dicendo che i bambini lo importunavano, lo schernivano, andavano nel suo negozio per rubare gli attrezzi e a volte gli dipingevano il viso. “Uno mi tinse il viso con un pennello e stetti con il viso tinto per tre giorni“.
Nessuno gli diede però ascolto, tanto che alla fine lui decise di farsi giustizia da solo, uccidendo quattro bambini, colpendo loro la schiena con una ruota pesante per poi seppellirli in una buca sul retro del magazzino.
Grandi venne arrestato in flagranza di reato mentre stava per uccidere la quinta vittima.
Durante il processo, l’imputato dichiarò: “Venivano nella mia bottega per deridermi e mi chiamavano Carlino il pelato, Ventundita ed a me ribolliva il sangue dentro“.
Il processo e la sentenza ai danni di Callisto Grandi sono passati alla storia come un esempio dell’incompatibilità tra la macchina giudiziaria e la psichiatria forense. I tre periti interpellati arrivarono a tre conclusioni differenti: due psichiatri dichiararono l’imputato infermo mentalmente e comunque non in grado di intendere o volere, mentre il terzo perito diede la colpa addirittura agli atteggiamenti collettivi dei bambini che avevano scatenato un individuo predisposto alla violenza (questa ultima perizia lancerà un successivo dibattito pedagogico sui metodi educativi).
Dall’altra parte, l’opinione pubblica chiedeva la massima condanna, perciò la giustizia decise per una soluzione a metà tra le due strade: Grandi venne condannato a venti anni di lavori forzati, dopo i quali finì la sua vita in un manicomio.

La pena inflitta sembrò inadeguata allo stesso Grandi che dichiarò: “Se ero pazzo non dovevo essere messo in carcere ma in un manicomio; se non lo ero, come risultavo dal processo, sarei dovuto essere rilasciato dopo aver espiato la pena.
Callisto Grandi è oggi ricordato con il soprannome di “L’Ammazzabambini“, che è anche il titolo di un libro, di recente pubblicazione, che racconta la sua storia processuale.

Sara Di Marzio luglio 2007

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