Recensione e demo del gioco horror System Shock 2
Edito da: Electronic Arts, 1999
Sviluppato da: Looking Glass Studios, I. Games
Piattaforma: PC
Genere: Azione/ Fps (single/multi-player)
Demo: Download
COMMENTO
REQUISITI MINIMI PC:
Scheda Video compatibile Direct 3D con almeno 8 Mb di RAM
Processore Intel Pentium® 200 Mhz
64Mb di RAM
Lettore CD
800Mb liberi su Hard Disk
Scheda Audio compatibile DirectX®
Mouse, Tastiera
Windows 95/98
Non è facile esaminare un prodotto come questo System Shock 2. Già il fatto che sia un gioco creato da Looking Glass, team responsabile per quella meraviglia di innovazione e carisma che era Ultima Underworld, potrebbe dirla lunga. Ma andiamo con ordine: System Shock 2 è ovviamente il seguito di System Shock, altro gioco Looking Glass datato 1994. Decido di parlare del seguito, e non del gioco originale, non solo perché i due prodotti siano tecnicamente molto simili (e non solo tecnicamente, visto che li accomuna anche il triste riscontro commerciale), ma anche perché probabilmente ci troviamo di fronte ad uno di quei rari casi in cui il seguito è più valido del capostipite della serie. Il primo gioco era un gioiello di per se, basato su un’evoluzione del motore grafico di Ultima Underworld (il primo vero, completo motore 3D della storia dei videogiochi), aveva una buona trama da film sci-fi e soprattutto personaggi pieni di carisma, ad iniziare dalla cattivissima SHODAN, il cui caratteristico modo di parlare “a scatti” è rimasto indelebile nella memoria storica del videogioco. Il gioco venne osannato dalla critica ma snobbato dal pubblico, che alla sofisticata interfaccia ed alla storia piena di mistero preferì fare strage di demoni col lanciarazzi giocando a Doom 2. Anno 1999, e la storia si ripete. Esce System Shock 2, questa volta basato su un motore più moderno (il Dark engine, usato per quello che è stato l’unico vero successo commerciale della Looking Glass, ovvero la serie Thief), con una storia ancora più ricca, un gameplay migliorato e la stessa dose di carisma per i personaggi. Risultato: la critica applaude ancora, il pubblico ancora no. Questa volta il suo avversario sul campo si chiama Half-Life, ed i giocatori premiano lo stile da sparatutto più immediato e la grafica sbalorditiva del prodotto Valve, che batte di misura System Shock 2 sul piano commerciale. Nel 2000 la Looking Glass esce di scena, ed il marchio System Shock rimane di proprietà della Electronic Arts, editrice del 2° gioco, la quale non ha – a quanto pare – intenzione di venderlo (sebbene la Irrational Games abbia recentemente lanciato sul mercato “Bioshock“, seguito “spirituale” di System Shock). Mi sento a questo punto di dire che, nonostante riconosca ad Half-Life tutto il suo valore, System Shock è davvero un piccolo grande gioiello che non meritava un trattamento così brutto. Esploriamolo meglio, quindi: lasciate che vi esponga le ragioni per cui sarebbe necessario, a parer mio, riscoprire questo “occulto” classico del videogioco.
LA STORIA
L’anno è il 2114, ed il genere umano è giunto ad una svolta. La tecnologia per viaggiare più veloci della luce è stata finalmente scoperta e per mezzo di essa, una nuova, modernissima astronave, la Von Braun, sta per salpare verso Tau Ceti, che dista milioni di anni luce. Affiancata alla Von Braun viaggerà la Rickenbacker, astronave dei marine delle nazioni unite, col compito di fornire potenza di fuoco nel caso dovessero esserci guai. La Von Braun è l’ultima meraviglia spaziale costruita dalla potente corporazione TriOptimum, leader mondiale in svariati campi, creatrice anche della famigerata stazione spaziale Citadel. Quarantadue anni addietro, infatti, questa rivoluzionaria stazione spaziale ha fatto una brutta fine, quando SHODAN, l’intelligenza artificiale che aveva il compito di dirigerla, è stata (era una femminuccia) vittima di una manomissione che ha scatenato in lei un forte complesso di superiorità. Un anonimo hacker è infatti riuscito a sconfiggere la macchina, facendo esplodere la stazione prima che SHODAN potesse farla precipitare sulla Terra. Ora, col viaggio della Von Braun, la TriOptimum conta di riguadagnare lustro agli occhi del mondo. Tutto si svolge come da programma ed il volo inaugurale è un grande successo. La nave raggiunge Tau Ceti nel tempo prestabilito ed alcuni membri dell’equipaggio sbarcano persino sulla superficie della stella, come a rinnovare il rito di Neil Armstrong nel 1969. Comincia quindi il viaggio di ritorno, non prima però di imbarcare alcuni materiali di ricerca rinvenuti sul posto. Dopo questo, buio, per qualche mese. Un anonimo soldato, di stanza sulla Von Braun, apre gli occhi dall’interno di una capsula per la convalescenza. E’ stato infatti appena dotato di un moderno impianto cibernetico MFD e l’operazione ha richiesto in seguito ben cinque mesi di sonno forzato nella capsula. Oltre a questo, la memoria del nostro soldato è stata temporaneamente “salvata via dalla sua testa” per facilitarne il processo di convalescenza. Il computer che ha il compito di svegliarlo è Xerxes (Serse, come l’imperatore persiano), nuova A.I. successore di SHODAN. Qualcosa però è andato storto: l’operazione di ripristino della memoria del nostro soldato senza nome non va a buon fine. Il soldato esce dalla capsula dotato di facoltà motorie e cognitive ma senza ricordi: non sa dove sia o cosa sia successo da lì a cinque mesi indietro e ritrova se stesso al centro di un ambiente in rovina. L’astronave pare deserta, ed è immersa nella semioscurità. Ci sono segni evidenti di lotta e molti cadaveri in giro. Il nostro soldato, matricola G65434-2, vaga per gli ambienti desolati del livello medico dell’astronave, e subito viene in contatto con gli altri occupanti dell’astronave. O almeno, con quello che ne resta. Qualcosa, infatti, pare aver mutato i membri dell’equipaggio trasformandoli in esseri deformi ed assetati di sangue. Il soldato viene quindi contattato dalla dottoressa Janice Polito, che pare essere tra i pochi membri dell’equipaggio ancora vivi ed in salute sulla nave. La dottoressa incita il soldato a raggiungerla al livello amministrativo della Von Braun. Qui comincia l’odissea del nostro soldato che, da solo, spaesato ed in balia di creature da brivido, dovrà risolvere il mistero dell’astronave, scoprire cosa è andato storto e risolvere la situazione. Il suo viaggio sarà lungo e difficile e lo porterà a conoscere nuovi e vecchi nemici, ed a scontrarsi con le avanzate intelligenze artificiali della TriOptimum. Cosa ha trovato la Von Braun su Tau Ceti? Cosa sono le creature che brulicano nell’astronave? Ed inoltre, che fine ha fatto SHODAN? E’ davvero stata distrutta con la Citadel, o forse qualcosa è sopravvissuto? Può davvero, un semplice uomo, sfidare una macchina immortale?
REALIZZAZIONE TECNICA
System Shock 2 è difficile da inquadrare. Sicuramente direi che è un gioco d’azione, anche se non lo farei ricadere nella categoria degli FPS (“sparare” è assolutamente subordinato ad altre cose). Sotto l’azione c’è un sistema di abilità e caratteristiche notevole e tipico degli RPG. Sarebbe quindi forse corretto dire che è un “action RPG” con elementi adventure. Il giocatore, nei panni del soldato G65434-2, si ritrova a viaggiare per i bui corridoi della Von Braun, alla ricerca di indizi, e con la speranza di potersi salvare dalla catastrofe che ha colpito l’astronave. Il motore grafico è un’evoluzione di quello di Thief, il Dark Engine. Nel 2007, a quasi 10 anni dall’uscita del gioco, la veste grafica appare sicuramente datata. I modelli dei personaggi, in particolare, sono davvero poveri di dettagli ed eccessivamente spigolosi. Un po’ migliori sono i modelli delle creature, che nonostante siano pure poveri di poligoni, appaiono “riusciti” molto meglio. Gli ambienti sono angusti, le superfici arrotondate sono quasi del tutto assenti. Ciò nonostante, la grafica fa egregiamente il suo dovere. Qual è il suo dovere? Fare paura. Creare atmosfera. E nonostante la bassa qualità dei modelli del gioco, il risultato d’insieme è un ambiente opprimente ed inquietante, quasi sempre in penombra, ed in balia della rovina più assoluta. Le mappe non sono mai troppo estese e sono delineate molto bene. Ogni “zona” è facilmente riconoscibile dall’ambiente, ed è difficile perdersi; inoltre c’è un sistema di automapping molto pratico. Il sonoro, invece, è eccellente. La musica è essenziale ma piacevole – anche se per massimizzare l’effetto paura conviene toglierla. Gli effetti sonori sono ottimi e ben campionati (ma anche qui, il missaggio non è perfetto, stessa cosa per le voci – erano problemi comuni, all’epoca). Il metodo di controllo è quello canonico tastiera-e-mouse, l’interfaccia utente è molto completa, ma ha bisogno di un attimo di tempo per venire digerita (giocare su una macchina odierna, che riesce a far girare il motore di gioco in altissima risoluzione aiuta, dando più spazio a disposizione sullo schermo per i pannelli).
FATTORE DIVERTIMENTO
Diverte? Molto. Non è semplicissimo calarsi nell’atmosfera di gioco, ed il sistema di gestione del personaggio è abbastanza elaborato (ricordiamoci che si tratta di un gioco col cuore da RPG), e nonostante sia presente un tutorial, all’inizio è difficile districarsi tra armi, abilità e poteri vari. Si, perché non vi ho detto che il “mestiere” del nostro personaggio lo decideremo noi all’inizio. Decideremo a quale corpo dell’esercito il nostro soldato senza nome appartiene, scegliendo da una rosa di tre: i Marines (esperti d’armi, per chi risolve tutto sparando: il guerriero), la Marina (esperti di infiltrazioni, spionaggio ed hacking: il ladro) e l’OSA (un’organizzazione composta da soldati con poteri psichici: il mago). Il mestiere che sceglieremo deriverà anche il livello di difficoltà del gioco: è obiettivamente più facile sopravvivere per il marine piuttosto che per lo psionico. Una volta costruito ed addestrato il protagonista, lo lasceremo all’imbarco della Von Braun, pronti a riprenderlo cinque mesi dopo, quando si sveglierà dalla catalessi. Una volta fatta l’abitudine ai comandi ed alle finestrelle dell’interfaccia, sarà impossibile non farsi abbracciare dalla storia, forse non proprio originalissima, ma narrata con grande stile. Il protagonista è appena stato dotato di un impianto cibernetico, non dimentichiamolo, che gli darà alcuni vantaggi: prima di tutto ha un media player nel cervello – sparsi per la nave ci sono diversi dischi con messaggi dei componenti dell’equipaggio, che vi forniscono indizi e codici d’accesso: un’idea che verrà poi adottata anche da Doom 3 coi suoi PC palmari). In secondo luogo, il nostro protagonista può “installarsi” diversi software che lo aiutano nelle più disparate situazioni (manca quasi del tutto la possibilità di poter entrare nel cyberspazio, cosa che nel primo gioco della serie era una colonna portante, per cui tutti i software hanno questa volta effetto nel mondo reale). In ultimo, l’impianto hi tech da modo al nostro soldato di aumentare le sue caratteristiche fisiche e psichiche oltre il limite umano. Il modo in cui la trama si svolge è competente, all’inizio saremo in contatto con la dottoressa Polito, a quanto pare l’unica superstite della Von Braun. Quando finalmente riusciremo a raggiungerla, capiremo cosa è successo alla nave e dovremo stringere forzatamente una inaspettata alleanza. In tutto questo, l’obiettivo del giocatore risulta essere sempre molto chiaro, il che evita “stalli” della partita (“che cosa devo fare adesso?”) che invece erano un grosso problema del primo System Shock. Il gioco è difficile, come detto ha più approccio dell’RPG piuttosto che quello dello sparatutto, è quindi facilissimo non sopravvivere ad uno scontro a fuoco, specie all’inizio (ma come nel primo System Shock, se avremo trovato ed attivato la macchina rigeneratrice nelle vicinanze – ce ne sono una decina – il nostro corpo verrà rigenerato gratis). Il più delle volte converrà eludere i nemici e fuggire piuttosto che affrontarli. Sarà inoltre necessario saper scegliere l’arma giusta alla situazione: inutile accanirsi con la pistola sulla dura scorza di un robot di guardia, ad esempio: molto meglio usare un’arma ad energia. Insomma un gioco profondo e ben congegnato, che latita un po’ in immediatezza ma sopperisce in atmosfera.
FATTORE HORROR
Spaventa? Eccome. Nella mia personale classifica, probabilmente il gioco più spaventoso che abbia mai giocato. L’atmosfera dell’ambiente di gioco è costruita con grandissima perizia. All’inizio, il nostro soldato senza nome sarà debole e quasi indifeso. Si troverà a vagare nei corridoio bui della nave e si renderà subito conto che molti esseri mostruosi li infestano. Come se questo non bastasse, il sistema di sicurezza della nave è ancora attivo ed i droidi di guardia e le torrette armate non vedono l’ora di falciare il nostro superstite. Gran parte dei nemici che ci troveremo ad affrontare (ad esempio i primi: gli “hybrid“, ovvero i resti dell’equipaggio della nave, orrendamente mutati ed assetati di sangue) non fanno il minimo rumore mentre si avvicinano alle nostre spalle per poi sorprenderci all’improvviso. Inoltre, nella maggior parte delle zone della nave, i nemici “ripoppano” (riappaiono) dopo un certo periodo di tempo dalla loro morte, il che li rende praticamente infiniti in numero. Quindi, avremo subito chiaro che nessun posto è davvero sicuro, che non potremo fermarci a riposare e che avendo le pallottole contate, è meglio stare attenti a quello che si fa. Questa situazione tiene sempre alta l’adrenalina e tesi i nervi, il che si traduce in un’esperienza di gioco intensa come poche altre. A mano a mano che si procede ed esplorare la nave (anzi, LE NAVI, visto che approderemo anche nella nave militare di scorta) la storia si fa sempre più avvincente, i cunicoli sempre più bui e stretti e le trappole sempre più insidiose, fino alle scene finali, in un susseguirsi di eventi che non cade mai nella monotonia. Come da copione ad un certo punto ritroveremo SHODAN, la quale ci rinnoverà la propria sfida, non prima di averci coperto d’insulti come già faceva nel primo gioco: è bello avere qualcuno che ti vuole bene.
In una parola: SOTTOVALUTATO
Un prodotto di prim’ordine, stracolmo di atmosfera e di buone trovate, che ha il pregio di essere divertente e nello stesso tempo estremamente spaventoso. Del resto, come può un uomo solo, un essere fragile, sperso nello spazio infinito, sfidare una perfetta, fredda, immortale macchina?
SCREENSHOT
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Testato su pc:
- Windows 2000 SP4
- 512MB RAM
- Pentium 4 1.8Ghz
- ATI9550 128MB
- Scheda Audio AC97 5+1
- DVD-Rom LG
- Mouse Logitech
- Tastiera IBM
NOTA
Il gioco è distribuito su CD-Rom e gira anche sotto Windows 2000/XP, anche se rari casi di incompatibilità con le moderne schede video sono segnalati. Nonostante il prodotto non sia mai stato un successo commerciale, ancora oggi annovera uno zoccolo duro di appassionati che hanno dato vita ad una community molto attiva. Nel corso degli anni, sono uscite numerose patch non ufficiali che risolvono alcune “manchevolezze” del gioco: due delle più importanti sono “System Shock Rebirth“, che sostituisce i modelli del nemici con versioni più moderne e meglio costruite, e SHTUP, acronimo di Shock Texture Upgrade Project, che sostituisce invece tutte le texture degli ambienti con versioni ad alta risoluzione, permettendo così di giocare in 1024×768 ed oltre senza perdere dettaglio (come mostrano gli screenshot, il gioco era stato pensato per girare da 640×480 fino a 800×600). Altre aggiunte non ufficiali sono traduzioni del gioco in varie lingue (tra cui l’italiano), supporto per il multiplayer (già inserito embrionalmente nell’ultima patch ufficiale – mi piacerebbe poterlo provare), svariate missioni e scenari aggiuntivi.
Pregi:
- Atmosfera a palate
- Trama più che dignitosa
- Personaggi carismatici all’inverosimile (SHODAN, ti amiamo!)
- Comparto sonoro efficace
- Sistema di gioco profondo e divertente
Difetti:
- Grafica dei personaggi scadente, anche per l’epoca
- Non molto immediato
- E’ difficile trovarne una copia, al giorno d’oggi
FABIO FRANCHELLO
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