Recensione e demo del gioco horror F.E.A.R.
Edito da: Sierra/Vivendi, 2005
Sviluppato da: Monolith Productions
Piattaforma: PC, X360, PS3
Genere: FPS (single/multi-player)
Demo: Download
COMMENTO
REQUISITI MINIMI PC:
Pentium® 4 a 1.7Ghz o equivalente
512Mb di RAM
DVD-ROM
5Gb liberi su Hard Disk
Scheda video compatibile DirectX® 9.0 con 64Mb RAM e T&L Support
Scheda audio compatibile DirectX® 9.0c con supporto EAX™2.0
Mouse, Tastiera
Windows® XP SP2 o 2000 SP4
Oddio, un altro FPS. Tempo fa lessi su una famosa rivista di videogiochi italiana un editoriale che in soldoni diceva: le idee originali sono finite, non si inventano più generi nuovi, tutta la produzione attuale è un riproporre sempre le stesse cose. Del resto, però, mai come adesso la parola d’ordine pare essere “spettacolarità”: le nuove console che macinano milioni di poligoni, la grafica in altissima risoluzione, il suono a mille canali, i videogiochi che da fenomeno di nicchia sono sempre più “per tutti”. Con premesse di questo genere è difficile creare qualcosa di veramente nuovo (mi viene in mente il Wii, ma anche qui ci sarebbe da discutere e non voglio scatenare una guerra santa). Anche F.E.A.R. è un FPS. Alla luce di quanto detto fin’ora è quindi già da condannare? Non direi. Ora, pur non condividendo in pieno il parere dell’autore dell’editoriale di cui sopra, devo ammettere che l’innovazione nei videogiochi, specie negli ultimi anni, è davvero minima. Io credo però che anche il migliorare un format esistente sia una forma di innovazione, seppur di minore portata. Basta guardare Doom: era pur sempre un’evoluzione e non un concept del tutto nuovo, ma ha fatto (e fa ancora) furore. Ha aggiunto a quello che c’era prima della “roba” nuova ed ha migliorato quella che già c’era. Andiamo quindi ad esaminare questo gioco, affacciatosi sul mercato nel 2005 non senza suscitare scalpore, e che ancora ne suscita nelle sue evoluzioni per X360 e PS3 e con le due espansioni già uscite, per vedere se riesce a farci davvero P.A.U.R.A. O no…
LA STORIA
Futuro molto prossimo: in una installazione segreta che si trova chissà dove negli Stati Uniti viene portato avanti uno spregiudicato esperimento militare. Un esercito di cloni, fisicamente perfetti ma incapaci di pensare da soli, sono stati sviluppati ed armati di tutto punto. Saranno guidati in azione da un “comandate telepatico”: un individuo dotato di forti poteri mentali che agirà da cervello del gruppo, con l’evidente vantaggio del poter comandare i soldati a distanza di sicurezza rispetto ad una eventuale campo di battaglia. Tutto pare andare per il meglio fino ad una notte nella quale Paxton Fettel, uno dei “comandanti”, pare dare di matto e scatena l’esercito di cloni all’interno della struttura segreta, uccidendone quasi tutti gli abitanti. Dopo qualche ora dal fattaccio qualcuno riesce finalmente a dare l’allarme e le forze dell’ordine si mettono in moto. La Delta Force, la divisione antiterrorismo dell’esercito, entrerà in azione e verrà coadiuvata dagli uomini della F.E.A.R. (acronimo di First Encounter Assault Recon). Quest’ultima è una squadra specializzata nell’affrontare casi con componente paranormale – e qui c’è da fermare un potente telepata. La F.E.A.R. schiera in campo i suoi due apripista: Spen Jankowski, il veterano, ed il giocatore, ovvero il nuovo arrivato. Accorpato alla squadra da solo una settimana, il nostro protagonista senza nome (viene chiamato solo “l’apripista”) ha dato prova di saperci davvero fare, soprattutto per quello che riguarda l’abilità nel tiro ed i riflessi, che paiono molto oltre il limite umano. La squadra fa un sopralluogo nell’ultimo posto dove Fettel è stato avvistato per trovare solo molti cadaveri e mille domande, oltre che i cloni mandati dallo stesso Fettel per neutralizzare chi gli da la caccia. Il nostro apripista, però, pare eccezionalmente sensibile al legame telepatico di Fettel, che spesso gli apparirà sotto forma di visione – e che sembra sapere molto più di quanto non dia ad intendere a proposito del protagonista stesso. Inoltre, poco dopo essere entrato in azione, Spen Jankowski e la sua squadra spariscono nel nulla. Sarà proprio l’apripista novellino – ora da solo nel bel mezzo dell’azione – a dover capire che fine hanno fatto; per far questo dovremo farci strada attraverso le varie ambientazioni alla ricerca di Fettel e scoprire tra l’altro che questi non è l’unico che ce l’ha con noi. Anche la Armacham, l’azienda che ha sviluppato i cloni, sembra avere qualcosa da nascondere e non tollera chi ficca il naso tra i suoi segreti industriali. Dulcis in fundo, di quando in quando una misteriosa quanto inquietante bambina farà la sua comparsa, ed anche lei pare non avere intenzioni particolarmente gentili verso in nostro povero apripista. Per risolvere la situazione, il protagonista ha una sola alternativa: farsi strada attraverso l’esercito di cloni e riuscire ad acchiappare Fettel: se lui ha le risposte, il nostro protagonista è intenzionato a farsele dare. In un modo o nell’altro.
REALIZZAZIONE TECNICA
Il motore multimediale è il Lithtech Jupiter EX, prodotto in casa dalla Monolith. Con una scheda video decente si riesce a giocare bene, anche se il gioco rimane piuttosto pesante. Qua e là si manifesta qualche scatto, specie quando ci trova faccia a faccia coi nemici. Il fatto che i medesimi difetti si riscontrino anche nelle versioni X360 e PS3 ci fa capire come sia proprio il motore ad avere ancora qualche problema. Niente di tragico, comunque. La cosa peggiore che può capitare è di dover abbassare un po’ il dettaglio. Tra l’altro anche quando lo schermo è affollato e l’azione singhiozza, i comandi rimangono pronti e scattanti, il che è un’ottima cosa per cavarsi d’impaccio nelle situazioni più ingarbugliate. C’è inoltre qualche incertezza nelle collisioni. Può capitare che un nemico tenti di saltare verso di noi e rimanga incastrato nelle architetture, o che sparando a qualcuno a distanza molto ravvicinata il nostro apripista riesca letteralmente ad appendere il nemico al muro modello quadro. Anche qui, un po’ tragicomico, ma niente che mini troppo la giocabilità. Il problema semmai è la piattezza delle mappe, che si assomigliano un po’ tutte. Di contro abbiamo una gestione delle ombre e delle fonti di luce davvero ottima, probabilmente la migliore che abbia mai visto. Inoltre le texture e le mappature delle superfici sono realizzate con estrema perizia e contribuiscono a rendere realistico e verosimile l’ambiente di gioco. Ma dove il motore mostra i muscoli per davvero, è sulla gestione della fisica dei corpi. Le forze sono simulate con un realismo notevole e la cosa giova molto alla spettacolarità dell’azione (specie quando usiamo lo SlowMo). Il sonoro è discreto, praticamente assente per quello che riguarda la musica ma molto atmosferico negli effetti. Il gioco è doppiato in italiano in maniera competente, ma non eccezionale. Anche questa volta, gli adattatori hanno preferito tradurre alcune frasi mantenendo la grammatica inglese (non capisco se lo facciano apposta o proprio non ci arrivino.) Tutto sommato, però, nulla di propriamente negativo da segnalare. I comandi sono i classici mouse-e-tastiera, e rispondono ottimamente. Nonostante il focus sia sulla modalità single player, il gioco contempla varie opzioni per il gioco in rete, il che farà felici gli amanti del multiplayer.
FATTORE DIVERTIMENTO
Diverte? Si, abbastanza. Il motore, per quanto non troppo fluido, risponde bene e rende l’esperienza di gioco piacevole. Il gioco ci permette di portare con noi solo 3 armi su una rosa di una decina scarsa, e la scelta si rivela azzeccata, in quanto ci costringe a fare sempre attenzione quando spariamo ed a cercare di usare l’arma più giusta per ogni occasione. In F.E.A.R., infatti, uscire allo scoperto quando una squadra di cloni ci sta cercando equivale ad un suicidio, anche se siamo protetti di tutto punto e perfettamente in salute. Fortuna che il nostro apripista ha i riflessi di una macchina: in fondo allo schermo c’è una barra bianca che si riempie a mano a mano che passa il tempo. Quello è il nostro tempo di SlowMo, per così dire. Premendo CTRL, faremo in modo che il nostro personaggio si muova ad una velocità sovrumana per un breve periodo di tempo (un po’ come succedeva in Max Payne). L’effetto pratico è che il mondo rallenta, i suoni si fanno ovattati, e le pallottole lasciano una scia nell’aria esattamente come facevano in Matrix. Davvero molto scenografico, oltre che utile perché i nemici, come detto, sono davvero molto svegli e sparano bene. Inoltre giocano di squadra in modo sorprendente. L’intelligenza artificiale che li guida è il vero fulcro del gioco e merita davvero un plauso. Non solo i replicanti si nascondono e cercano il punto migliore per colpirci ma comunicano tra loro, ci accerchiano, cercano di capire le nostre intenzioni e di prevenirle, mandano avanti alcuni uomini a stanarci mentre altri sono appostati per spararci alla testa. Capita addirittura che i nemici, una volta capito dove ci nascondiamo, escano dalla parte opposta e facciano tutto il giro della mappa per poterci prendere alle spalle. L’effetto è sbalorditivo, e dà per la prima volta davvero l’impressione di stare combattendo contro una forza tangibile ed organizzata e non contro un gruppo di burattini suicidi permettendo a noi giocatori di immedesimarci nel nostro apripista e di sentirci sempre al centro dell’azione. Quando si inizia il gioco la sensazione di “esserci” è molto forte. Purtroppo, anche qui c’è una nota dolente. A mio parere il combattimento è stato mal “miscelato” col resto: dopo un po’ ci si rende conto che in effetti F.E.A.R. si riduce solo a questo: avanzare in una mappa, sconfiggere una squadra di cloni, avanzare ancora, sconfiggerne un’altra, avanzare, sparare, ripetere. Si potrebbe obiettare che in effetti tutti gli FPS sono così – ed è vero – però è anche vero che in questo titolo il difetto è particolarmente marcato: la varietà viene a mancare abbastanza alla svelta, complice anche il basso numero di tipo diversi di nemici che ci troviamo ad affrontare (6 o 7 in tutto) tutti molto simili tra loro. Un altro gioco da gustare a piccole dosi, insomma.
FATTORE HORROR
Spaventa? Molto, specie all’inizio. L’atmosfera è davvero ben costruita. Gli ambienti, per quanto monotoni, sono costruiti con buona perizia e sono abbastanza verosimili. Tutti i colpi di scena sono eventi che si sbloccano a mano a mano che il protagonista visita le mappe o svolge qualche determinata azione. Quando inizieremo il gioco, non sapremo quasi nulla di quello che sta succedendo ed il farsi strada tra i cloni e le altre avversità terrà alta la tensione. Gran parte dei particolari della storia sono narrati tramite messaggi nelle segreterie telefoniche che troveremo nei vari ambienti. Un espediente po’ triste a dire il vero, ma tutto sommato parificabile ai diari di Doom e System Shock. Inoltre, Paxton Fettel ed Alma (la bambina) si divertiranno ad apparirci dietro ogni angolo, quando meno ce l’aspettiamo, facendoci davvero sobbalzare sulla sedia. La regia di questi “interventi” è davvero degna di nota: uno per tutti – in un punto del gioco scenderemo una scaletta a pioli. Il nostro apripista si aggrapperà alla scaletta e si girerà per scendere solo per vedere Alma che lo osserva silenziosa, ferma, a pochi passi dietro di lui. Dopo pochi istanti la visione svanisce, ma l’inquietudine rimane. Ci giriamo e dopo pochi passi scorgiamo Fettel che ci osserva da dietro un angolo. Si passa il tempo così, tra un combattimento e l’altro esplorando e cercando questi “eventi horror” che specie all’inizio fanno il loro bell’effetto. Dopo un po’, però, il ritmo cala sensibilmente: mano a mano che scopriremo nuovi elementi della storia ed il quadro diventerà sempre più chiaro, i “colpi di scena” ci sorprenderanno sempre meno. Verso il finale il gioco è un po’ più dozzinale, perché i misteri di Fettel e di Alma sono stati già scoperti. Peccato.
In una parola: ATMOSFERICO
L’atmosfera c’é, il divertimento pure. F.E.A.R. si sviluppa come un film, ha un taglio spiccatamente cinematografico e la regia delle situazioni è eccellente. Basta stare attenti a non fare indigestione, ed ecco che abbiamo per le mani un prodotto che soddisfa ed, a modo suo, può pure lasciare un qualche segno nel panorama degli “atmospheric shooters”. Scrivendolo col sangue, ovviamente.
SCREENSHOT
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Testato su pc:
- Windows® Vista® SP1
- Intel® Core 2 Quad Q6600
- 3Gb RAM
- Nvidia GeForce® 8600 512MB
- Scheda Audio Realtek 5+1
- Masterizzatore DVD Hitachi
- Mouse ottico Trust
- Tastiera IBM
- Connessione ADSL 7Mbit
NOTA
Il gioco è disponibile, oltre che per PC, per X360 e recentemente anche per PS3. Sono uscite anche 2 espansioni: Extraction Point e Perseus Mandate, delle quali spero di poter parlare presto, magari con una recensione congiunta. Sta inoltre per arrivare sugli scaffali il seguito di F.E.A.R., chiamato Project Origin. Il cambio di nome è stato necessario perché Sierra/Vivendi è rimasta proprietaria del fanchise F.E.A.R., mentre Project Origin è sviluppato sempre da Monolith ma per Warner Bros. Il gioco è stato annunciato sempre per PC, X360 e PS3.
Pregi:
- Atmosfera azzeccata, complice un’ottima regia
- Modelli 3D eccellenti
- AI dei nemici da applauso
- Effetti sonori efficaci
- Gameplay piacevole
Difetti:
- Il gameplay decade nella monotonia dopo un po’
- Grafica degli ambienti poco fantasiosa
- Storia alla fin fine banalotta
FABIO FRANCHELLO
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