Recensione del gioco horror Clock Tower
Edito da: Human Entertainment, 1995
Sviluppato da: Sviluppo Interno
Piattaforma: Super NES, PS1, PC, WonderSwan
Genere: Survival Horror
Demo: Non Disponibile
COMMENTO
REQUISITI MINIMI PC:
N/A
Il Giappone è di sicuro uno dei paesi più prolifici, quando si tratta di storie dell’orrore. L’horror del sol levante è davvero un argomento sterminato, sul nostro sito c’è sicuramente qualcuno più titolato di me che ne potrebbe parlare. Io, da semplice appassionato senza basi “teoriche”, mi limito a dire che il filone horror giapponese è da molti anni vivo e in buona salute. Probabilmente, in un paese così stacanovista come il Giappone, la gente sente particolarmente il bisogno di emozioni forti. Quindi, il genere “tira”, e potete ben immaginare come i videogiochi facciano la loro parte. In realtà è opinione comune che l’attitudine dei designer giapponesi sia quella di “prendere in prestito” (ehm…) idee per poi rielaborarle e riproporle secondo la propria ottica; è esattamente il caso di questo prodotto. Abbiamo già visto che formalmente il genere survival horror è di fatto nato in giappone come Sweet Home – da lì in avanti il concetto ha cambiato forma, approdando sulle più svariate macchine da gioco nelle più svariate forme. In questo caso, l’anno è il 1995, la macchina in questione è il Super NES, che sta lentamente vincendo la guerra dei 16 bit, ed il gioco è sviluppato e pubblicato dalla misconosciuta Human Entertainement. Ci troviamo davanti ad un survival horror “duro & puro”, che però non disdegna l’introduzione di qualche elemento innovativo. Spostiamoci quindi nella fredda Norvegia, e vediamo cosa ci aspetta dopo aver varcato l’imponente soglia della misteriosa magione di Clock Tower.
LA STORIA
Jennifer Simpson è una ragazza orfana. Sua madre morì che lei era ancora piccola, mentre suo padre, medico, scomparve in circostanze misteriose anni fa a seguito di una chiamata urgente per una visita notturna a domicilio. Jennifer è rimasta sola che era ancora una bambina. Da allora vive nell’orfanotrofio Granite di Romsdalen, in Norvegia. Ora ha 16 anni, e la sua vita sta per cambiare nuovamente. Ha saputo che lei e le sue amiche Laura, Anne e Lotte sono state tutte adottate da una ricca famiglia che vive nei dintorni, in un posto un po’ isolato: una grande magione padronale chiamata dai paesani “Clock Tower” a causa del grande campanile che la sovrasta. I coniugi Simon e Mary Barrows, infatti, hanno richiesto ed ottenuto dalle autorità l’affidamento delle 4 ragazze, ed è stata proprio Mary, una signora elegante dai modi gentili, ad andarle a prendere quando lasciano l’istituto. Mary parcheggia l’auto un po’ distante dalla casa, che sorge isolata all’interno di un piccolo bosco, ed esorta a percorrere l’ultimo tratto con lei a piedi. Durante quella camminata, Jennifer è inquieta – si sente disorientata perché la sua situazione sta cambiando così radicalmente, ma è anche preoccupata perché non si sente affatto sicura in quel bosco. Mary cerca di farle coraggio con un sorriso e Jennifer si calma, subito prima di arrivare alle porte della imponente casa dei Burrows. Mary fa poi accomodare le ragazze nel grande e lussuoso atrio della villa, chiedendo loro di aspettare lì, mentre lei va a chiamare il marito in modo che le ragazze possano conoscere anche lui. Le ragazze sono stupite da tutto quel lusso. Laura e Anne si accomodano subito, pensando che sono state fortunate a capitare così bene. Lotte invece pare un po’ scossa e dopo qualche minuto di attesa vorrebbe andare a cercare Mary, perché sta iniziando a preoccuparsi. Jennifer dice che ci andrà lei, ed esce in corridoio. Dopo pochi passi la luce si spegne di colpo e la nostra eroina sente delle urla provenire dall’atrio. Jennifer torna subito indietro, per scoprire che le sue tre a amiche sono sparite. Ora è sola, spaventata, in una grande casa che non conosce, e dovrà cercare di sopravvivere per poter ritrovare le sue amiche ed uscire viva da Clock Tower. La ricerca all’interno della casa la porterà a scoprire i segreti della magione e della famiglia Barrows e la porterà a capire perché abbiano adottato proprio lei. Ma soprattutto, la porterà a cercare di sopravvivere agli orrori che quasi subito si metteranno sulle sue tracce, sotto forma di un misterioso e deforme bambino armato di forbici giganti.
REALIZZAZIONE TECNICA
Clock Tower è un gioco abbastanza atipico per il Super Nintendo. Potremmo dire che è un’avventura punta e clicca comandabile col pad, anche se in effetti a parte il concetto di base, si discosta abbastanza da giochi alla Monkey Island. Il giocatore comanda Jennifer, in una visuale 2D che rappresenta le stanze della casa in lunghezza. Jennifer può andare a destra o a sinistra, ed eventualmente aprire le porte che trova anche in alto. Uno dei tasti del pad dice a Jennifer in che direzione (o verso che oggetto) deve andare. I tasti L e R fanno in modo che Jennifer si metta a correre rispettivamente a sinistra ed a destra (comodi per scappare). Tutto sommato, una volta capito come funzionano i comandi (non è un gioco nuovo, del resto, ha ben 13 anni sulle spalle) si riesce a giocare abbastanza bene. La grafica è “poca ma buona”, quasi monocromatica, discretamente monotematica ma tutto sommato abbastanza dignitosa, specie per quel che riguarda le animazioni dei personaggi. Il sonoro è essenziale. Quasi sempre Jennifer andrà in giro in completo silenzio. Silenzio rotto solo dal rimbombare dei suoi stessi passi. Quando l’azione si fa concitata, invece, sale una musica “fortemente ispirata” dalla colonna sonora di qualche film di Dario Argento. Gli effetti sonori sono comunque di ottima qualità. A volte ci capiterà di sentire altri passi oltre ai nostri echeggiare nel silenzio, o i colpi della torre dell’orologio, o un qualche urlo da scream queen quando Jennifer si spaventerà per qualcosa (senza contare lo zing-zing delle forbicione del killer!). Il gioco si comanda interamente col pad: uno con 4 tasti basta ed avanza.
FATTORE DIVERTIMENTO
Diverte? E’ molto soggettivo. Il mio primo approccio a Clock Tower non è stato dei migliori. Guidare Jennifer coi suoi legnosi movimenti per i grandi corridoi della magione può essere traumatico, e non mi riferisco al fatto che è inseguita da un killer. Spesso, basta un passo falso e la nostra protagonista muore. E’ sufficiente che Jennifer metta il piede su un’asse pericolante, non riesca ad evitare un lampadario che cade, o non trovi un posto in cui nascondersi quando il killer (a proposito, si chiama Bobby) la insegue, ed è morta. Questo rende il gameplay un po’ frustrante. C’è da dire che il difetto si fa via via più sopportabile a mano a mano che si prende dimestichezza col sistema di gioco e si inizia a conoscere la mappa della casa. Il giocatore comanda indirettamente la protagonista, ma non inganniamoci: non si tratta di un vero action game. La nostra Jennifer è infatti totalmente indifesa: questa è la vera innovazione della serie Clock Tower. Non abbiamo comandi che ci permettono di attaccare chi ci da la caccia, anzi, dovremo essere bravi a fuggire e nasconderci, usando tutti gli elementi del”paesaggio” a nostro favore per non farci trovare dal killer con le forbici. Non è facile comandare Jennifer, i movimenti della protagonista sono in effetti abbastanza legati e ci mette sempre qualche secondo a reagire ad un comando, ma sospetto che per una certa misura la cosa sia voluta: questo rende più difficile sfuggire agli attacchi dell’assalitore. L’unica azione vagamente ostile che possiamo fare è usare il tasto “panico”. La nostra orfana infatti come detto tutto è fuorché un’eroina da film. La paura si impadronisce facilmente di lei (basta che si trovi al buio o abbia il fiato corto per il troppo correre, ad esempio). Sol fondo dello schermo c’è il suo ritratto, e normalmente lo sfondo è blu. A mano a mano che l’inquietudine di Jennifer sale, lo sfondo si fa verde, giallo e poi rosso, il che significa che la nostra protagonista è terrorizzata. Quando si sente alle strette, Jennifer può provare a reagire d’impulso alla situazione, sperando di riuscire a sfuggire. Se qualche forza malvagia attenta alla sua vita, possiamo premere come dei pazzi il tasto “panico”: se la protagonista non è troppo spaventata uscirà vincitrice dallo scontro. Un sistema semplice (forse, semplicistico, in effetti) ma efficace. La struttura di gioco, però, non è molto varia, Jennifer può compiere poche azioni e le stanze della casa non sono poi molte. Alcuni enigmi inoltre sono abbastanza ostici, ed il gioco non è molto prodigo di indizi. Nonostante i molti finali possibili (ben 9, anche se in effetti molti differiscono solo per qualche dettaglio) Clock Tower mostra presto i suoi limiti. Confesso che avevo deciso di lasciare perdere il gioco, frustrato dalla poca immediatezza e dal sistema di controllo. Dopo qualche ora di caparbio esercizio, però, mi sono fatto intrigare dall’ambientazione. Sono riuscito a scoprire qualche segreto, a risolvere qualche enigma, a scoprire i misteri di alcune stanze della villa, a sfuggire a Bobby e mi è venuto naturale fare supposizioni sui personaggi. Insomma, mi sono fatto coinvolgere, e tutti i difetti del gameplay sono passati in secondo piano. Riassumendo: se giudichiamo la giocabilità di Clock Tower in senso stretto, rasentiamo appena la sufficienza, se invece la consideriamo come elemento funzionale alla storia, riusciremo lo stesso a divertirci. Basta stare sempre con gli occhi (ma soprattutto le orecchie) aperti.
FATTORE HORROR
Spaventa? Si, spaventa. Nonostante gli anni sul groppone, l’atmosfera e l’effetto horror di Clock Tower sono invecchiati molto bene. Chiaro, non ci stupirà con effetti speciali e colori ultravivaci, ma saprà tenerci quasi sempre col fiato sospeso. Jennifer esplora casa Barrows, sola, praticamente in silenzio, con lo schermo che si sposta lentamente mentre cammina. All’improvviso, la musica sale, l’atmosfera si fa tesa ed il suono sinistro delle forbici si avvicina, ad indicare che il killer si ci ha trovati e sta venendo verso di noi. L’effetto è semplice ma molto riuscito. Quando ci troviamo in questa situazione non c’è molto tempo per pensare: bisogna correre, scappare, nascondersi, farsi venire in mente come sfruttare gli elementi del paesaggio a nostro vantaggio (buttarsi dentro una cassa, dietro un armadio, dietro la tenda della doccia, ecc.) Bisogna sperare che il killer passi e non ci veda, ma anche qui, la sicurezza assoluta non esiste. Alcuni dei nascondigli che troveremo non sono davvero sicuri: Bobby scoverà Jennifer, obbligandoci ad usare il tasto “panico” come ultima risorsa per salvarle la vita. Insomma, la giocabilità non è il massimo, ma il feel è buono e la storia è interessante. Gli autori si sono indubbiamente ispirati ai film di Dario Argento: sia nell’atmosfera in generale, sia negli elementi della storia si nota una eco dello stile del regista romano. Cosa si può volere di più da un gioco di paura? Forse un po’ più di varietà, certo. Magari anche qualche ora di gioco addizionale non avrebbe guastato. Comunque, a conti fatti, Clock Tower è un gioco onesto, difficile da affrontare, che però offre più di quanto non sembri a prima vista, a patto di riuscire a superare l’impatto iniziale.
In una parola: ATIPICO
Non un’avventura in senso stretto. Non un gioco d’azione propriamente detto. Clock Tower è un miscuglio dei due generi, amalgamato con una storia interessante, un’atmosfera molto ben tratteggiata, personaggi tutto sommato carismatici e gameplay legnoso ed essenziale. Nonostante tutto, Clock Tower su Super Nintendo va almeno provato. Se anche per voi l’atmosfera vale più di ogni altra cosa, dategli una possibilità. Potrebbe piacervi.
SCREENSHOT
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Testato su pc:
- Windows Vista SP1
- Intel Core 2 Quad Q6600
- 3Gb RAM
- Nvidia GeForce 8600 512MB
- Scheda Audio Realtek 5+1
- Masterizzatore DVD Hitachi
- Mouse ottico Trust
- Tastiera IBM
- Connessione ADSL 7Mbit
- Usando l’emulatore zsnes
NOTA
Clock Tower è stato il primo di una fortunata (almeno in Giappone) serie di giochi. La saga è approdata su Playstation 1 e 2, Wonder Swan, PC, oltre ovviamente al Super Nintendo. Questo primo capitolo è uscito anche per PS1 col titolo di Clock Tower: First Fear. La versione Playstation è un semi-remake: l’impostazione da avvenuta punta e clicca e la storia di fondo sono rimaste le stesse, la realizzazione ed il gameplay sono cambiati (il gioco è in 3D, le azioni da compiere sono più complesse, la trama è più ricca di particolari). Anche nei giochi seguenti, comunque, il concetto di fondo rimane lo stesso (il male ci insegue, ma siamo troppo deboli e spaventati per difenderci, per cui scappiamo.) Questo gioco per Super NES non ha mai varcato i nipponici confini, per cui la versione su cartuccia si trova solo in lingua giapponese. Un gruppo di volenterosi appassionati ha però rilasciato una patch di traduzione in inglese, da utilizzare con uno degli emulatori per la console (zsnes, snes9x). In seguito il gioco è uscito anche per WonderSwan (una console portatile che non è mai arrivata da noi) e PC (ma anche qui, solo in giapponese stretto). Un film basato sulla saga diretto da Martin Weisz (The Hills have Eyes 2) è stato annunciato per il 2009 ed è attualmente in lavorazione.
Pregi:
- Storia intrigante, semplice, ma con qualche twist notevole
- Personaggi a loro modo carismatici
- Ambientazione riuscita
- Comparto sonoro più che dignitoso
Difetti:
- Grafica ripetitiva
- Gameplay poco fluido e poco intuitivo
- Traumatico all’inizio
- Abbastanza corto
FABIO FRANCHELLO
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