Recensione e demo del gioco horror BioShock
Edito da: 2K Games, 2007
Sviluppato da: 2K Boston
Piattaforma: X360, PC
Genere: FPS (single player)
Demo: Download
Questo videogames è stato recensito non solo dal nostro collaboratore Fabio Franchello, ma anche da un utente di OcchiRossi.it, Fabio Cannatà.
COMMENTO
REQUISITI MINIMI PC:
Pentium® 4 a 2.4Ghz o equivalente
1Gb di RAM
DVD-ROM
8Gb liberi su Hard Disk
Scheda video compatibile DirectX® 9.0c con 128Mb RAM
Scheda Audio compatibile DirectX® 9.0c
Mouse, Tastiera
Windows® XP
Ho già avuto occasione di scrivere a proposito di Ken Levine ed dei Looking Glass/Irrational Games. Nell’articolo che parla di System Shock 2 ho scritto quanto mi piaccia il loro stile e quanto sia un peccato che abbiano dovuto lasciare il fanchise di System Shock nelle mani della Electronic Arts quando sono stati licenziati. Fortunatamente la 2K Games li ha raccolti e li ha fatti entrare nel proprio organico (sotto il nome di 2K Boston), ed i nostri hanno avuto modo di sviluppare quello che hanno chiamato “seguito spirituale” di System Shock, ovvero questo BioShock. Il titolo dice tutto, pur essendo una palese provocazione verso la EA; ma qui niente hacker, niente viaggi spaziali, niente SHODAN. Questo gioco non poteva fare riferimento all’universo di quell’altro. A parte questo l’atmosfera e lo stile sono gli stessi. In più, c’è anche un motore grafico all’avanguardia (quello di Unreal Tournament 3). Gli ingredienti di un capolavoro annunciato ci sono tutti: un bel setting, una trama intrigante, un motore multimediale nuovo di pacca, un team di persone competenti nel design. Tutto bello, quindi? Cosa è venuto fuori dall’amalgama di questi ingredienti? Lo vediamo subito.
LA STORIA
“Un uomo, non ha forse diritti sul sudore della sua fronte? No! Dice l’uomo di Washington: appartiene ai poveri. No! Dice l’uomo in Vaticano: appartiene a Dio. No! Dice l’uomo di Mosca: appartiene a tutti. Io non accetto queste risposte. Piuttosto scelgo qualcosa di diverso, scelgo l’impossibile, scelgo Rapture.” Con queste parole Andrew Ryan, fondatore e governante di Rapture ci accoglie nel suo regno. L’anno è il 1960, e Jack è tranquillo su un volo transoceanico per raggiungere parenti negli USA. D’un tratto l’aereo è soggetto ad un’avaria e precipita nell’oceano. Facendosi faticosamente strada tra i detriti in fiamme, Jack nuota fino ad un misterioso faro che svetta solitario al centro del mare notturno. Al suo interno scopre che il faro non è solo un faro ma anche una specie di ascensore, ed una batisfera lo porta giù sotto l’acqua, in un posto talmente strano da risultare utopistico. Lo porta – appunto – a Rapture. Ma che cosa è questa Rapture? E’ una città futuristica (futuribile?) costruita sul fondo dell’oceano atlantico fondata e realizzata dal facoltoso imprenditore Andrew Ryan alla fine della II° guerra mondiale. Rapture è totalmente autosufficiente: un posto ideale dove “il piccolo non minacci il grande”, “il genio non venga limitato dall’etica” e “l’artista non debba temere la censura”. Una città, insomma, dove l’uomo è posto al centro dell’universo, ed ognuno sviluppa se stesso senza “costrizioni ideologiche” come la politica, la religione o l’etica morale. Una società illuministica e perfetta, guidata dalla volontà forte di Ryan, che prospera indisturbata sul fondo marino da ormai più di 15 anni. Noi saremo proprio Jack, ed il nostro arrivo a Rapture, non è dei migliori. La batisfera si ferma all’attracco e subito vediamo che la monumentale architettura Art déco della città è in rovina. Le luci sono intermittenti e non si vede anima viva. Anzi, no. Subito dopo aver attraccato, assistiamo all’aggressione di un uomo da parte di una donna armata di uncini. La donna lo squarta, subito prima di “fiutarci’ e prendersela brevemente con noi, poi scappa. In questo, veniamo contattati via radio da “Atlas”, un residente di Rapture che ci vuole salvare la vita, in cambio della promessa di salvare a nostra volta la sua famiglia mentre scappiamo. Ci mettiamo quindi in marcia, facendoci strada tra le macerie dell’approdo fin nel cuore della città. Lungo il nostro cammino faremo la conoscenza degli ex-abitanti della città stessa, i “Ricombinanti”. Qualcosa pare averli orrendamente mutati – e non ci vorrà molto a capire cosa: è stato l’uso eccessivo dei “plasmidi”. Cosa sono? Presto detto: qualcuno, a Rapture, ha scoperto l’esistenza di un curioso tipo di lumaca di mare. Essa secerne la sostanza che è stata chiamata ADAM: un concentrato di cellule staminali fertili che tramite lavorazione ha reso possibile la creazione di sieri mutageni di nuova generazione. Ecco cos sono i “plasmidi”: vere e proprie “mutazioni genetiche controllate” che vanno dalla cura per la calvizie, ai tonici per sviluppare i muscoli, a veri e propri poteri sovrannaturali come mutare il proprio corpo, resistere alle temperature estreme, ed anche liberare scariche elettriche e fiamme dalla punta delle dita. L’uso di queste mutazioni è reso possibile tramite il consumo di una sostanza complementare, pure derivata dalle lumache di mare, chiamata opportunamente EVE. Il nostro protagonista troverà quasi subito il suo primo plasmide e dovrà farsi strada attraverso vari luoghi nelle oscure cupole che compongono la città fino a trovare un modo per tornare in superficie. Lungo il cammino Jack scoprirà cosa è successo alla città. Riuscirà a salvarsi la pelle? Che ne sarà della famiglia di Atlas? Chi manda, adesso, a Rapture? Cosa può essere andato storto, in una società così perfetta?
REALIZZAZIONE TECNICA
BioShock si presenta a prima vista come un classico FPS, ed in effetti diciamo che l’anima del gioco è quella. Impersoneremo Jack, in visuale in prima persona, e dovremo usare le armi e tutta una serie di altri colorati orpelli per sopravvivere agli abitanti di Rapture. La veste grafica è ottima: Rapture è realizzata con estrema cura per i dettagli ed ha carisma da vendere. I modelli dei nemici e dei comprimari sono buoni sia per quel che riguarda la qualità delle texture sia per quel che riguarda la quantità di dettagli. Gli effetti grafici, in primis quello dell’acqua, variano dall’ottimo allo sbalorditivo (per questo progetto sono stati assunti un programmatore ed un grafico solamente per realizzare l’acqua). Il gioco “porta” sia le DirectX 9 che le 10, con queste ultime a donare una migliore qualità soprattutto sugli effetti di rifrazione della luce. Per giocare serve quindi almeno una scheda video di fascia media (io ho usato una Nvidia 8600) – e nonostante BioShock faccia parte del programma “the way it’s meant to be played” di Nvidia, è risaputo che gin generale si comporta meglio sui chiptset ATI. Il sonoro è tecnicamente ottimo: gli effetti sono chiari e squillanti – dalle sirene della sicurezza ai cavernosi gorgogli dei nemici più grossi. Il doppiaggio in italiano non rovina eccessivamente l’atmosfera, ma non è neanche eccelso: alcune frasi sono tradotte in maniera poco competente e mantenendo la struttura grammaticale inglese, il che fa sembrare i discorsi poco naturali. L’interfaccia utente è minima ma funzionale: sullo schermo appariranno solamente gli indicatori di salute e livello di EVE (per usare i plasmidi), oltre al numero di proiettili e poche altre cose. Il gioco si controlla senza traumi con l’ormai classico connubio “tastiera e mouse”, ma se siete fan delle consome potete usare anche il pad. Tutto sommato, possiamo dire che BioShock è un gioco moderno – nel vero senso della parola – e nonostante sia già fuori da un anno non sfigura sul piano della tecnica rispetto ai suoi concorrenti.
FATTORE DIVERTIMENTO
Diverte? Si, diverte. Lo schema di gioco è quanto di più lineare possa esserci. Il gioco si snoda lungo una serie di eventi scriptati e non ci sono mai dei veri bivi. Il nostro Jack viaggia da una parte all’altra di Rapture per mezzo di batisfere e, sebbene sia possibile ritornare nei “quartieri” già visitati per finire quello che c’è da fare (ad esempio, dare la caccia a tutte le Sorelline, ne parliamo tra un secondo), per progredire nella storia il giocatore deve svolgere una serie di compiti che di volta in volta il gioco propone. Atlas e gli altri personaggi che si avvicendano alla radio ci diranno dove andare e cosa fare, quindi non ci si perde. E’ divertente, all’inizio. Il gioco si lascia godere senza troppi problemi e ci fa fare un bel tuffo nella stilosa ambientazione. Dopo un po’, però, ci si scontra coi limiti del gameplay, e si finisce per domandarsi, “beh? Tutto qui?”. In effetti si, è tutto qui. Io trovo che BioShock pecchi in profondità: paradossale, visto che è ambientato sul fondo dell’oceano. (HAHAHAHA che sagoma che sono…) Scherzi a parte, dopo qualche ora di gioco BioShock si rivela essere per quello che è: un FPS assolutamente di classe, ma pur sempre “solo” un FPS. Gli elementi che differenziano il prodotto rispetto agli altri esponenti del genere sono davvero pochi. Possiamo customizzare un po’ il nostro Jack, scegliere quali poteri fargli usare, e poco altro. Una delusione per chi, come me, si aspettava System Shock 3 sotto mentite spoglie. I combattimenti coi nemici sono abbastanza difficili all’inizio, quando il vostro arsenale è povero, ma col tempo (e collezionando i plasmidi) Jack presto imparerà come tenere testa agli avversari. Tanto, se muore, risuscita. Esatto: in BioShock non si può morire. Come anche in System Shock ci sono le camere di rigenerazione (qui chiamate “Vita Chambers”) che – appunto – rigenerano il nostro Jack un numero infinito di volte. Questa trovata, se da un lato evita il balletto sui tasti Quicksave-Quickload, dall’altro da il colpo di grazia alla giocabilità, perchè fa in modo di non farci mai percepire un reale pericolo. Tanto se moriamo, ritorniamo subito dove ci hanno ammazzati. Tutte le volte. Dopo un po’ questa cosa stanca e fa in modo che la partita vada avanti più per inerzia che per altro. Certo, anche il System Shock c’erano le vita chambers. Ma lì andavano attivate per poter essere usate, e comunque la diversa struttura del gioco evitava un ricorso così massiccio al loro utilizzo. Il mio consiglio per potersi godere il gioco al massimo della tensione è quindi di giocare con le Vita Chambers disattivate.
FATTORE HORROR
Spaventa? A tratti. L’atmosfera è tanta e si sente. Jack viaggia in una città in rovina ed è assalito da mostri inquietanti, ma questo l’abbiamo già visto mille volte. Il fatto però che qui i mostri abbiano una buona dose di carisma aiuta di certo. Menzione particolare va fatta per la coppia Big-Daddy & Little Sister: vero fulcro dell’universo di gioco. Girando per le vie della città, infatti, ci capiterà di scorgere una allegra bambina che saltella in giro armata di una enorme siringa, chiacchierando ad alta voce in modo spensierato. Quella è la “Sorellina”, o Little Sister. A mai più di 4 passi da lei, ci sarà un colosso in tuta da palombaro che si muove in maniera apparentemente goffa e lenta, e che non la lascia mai sola. Quello è il “Paparino”, o Big-Daddy. Questo dinamico duo non è nient’altro che la squadra di pulizie di Rapture. Le Sorelline sono bambine di Rapture, nelle quali è stata impiantata una lumaca parassita, che vengono usate come “filtro naturale” per il recupero dell’ADAM. Queste inquietanti bimbe vanno quindi in giro per le mappe del gioco in cerca di cadaveri. Quando ne trovano uno, aspirano l’ADAM presente nel suo corpo con la siringa. Poi, quando questa è piena, non fanno altro che bere l’ADAM raccolto, in modo che la lumaca al loro interno lo possa riciclare. Disturbante. Vicino a loro, come abbiamo detto, ci sono i Big-Daddy. Cosa sono? Nient’altro che “volontari” cittadini di Rapture che sono stati trasformati in orribili abomini biomeccanici di Frankenstein-niana memoria, e che tramite condizionamento psicologico vivono solo per fare la guardia alle “Sorelline”. L’incontro con questa coppia di comprimari è la pubblicizzata “dimensione morale” del gioco: le Sorelline sono invulnerabili e indifese, ma sono anche contenitori ambulanti ripieni di prezioso ADAM. Se vogliamo l’ADAM per potenziare i nostri plasmidi, dobbiamo affrontare il Big-Daddy che le fa la guardia. Una volta che ne avremo avuto ragione (e non sarà facile), dovremo rincorrere la bambina e catturarla. Qui avremo due scelte: potremo “prosciugare” la Sorellina – di fatto uccidendola, ma assorbendo anche l’ADAM che contiene – oppure potremo “liberarla” – uccidendo invece la lumaca al suo interno, ma salvando la bimba. In quest’ultimo caso, la quantità di ADAM che ne ricaveremo sarà minore. Starà a noi decidere, e a mano a mano che decideremo si delineerà il nostro profilo morale, che di fatto condizionerà il finale (ce ne sono 3 possibili). Per quello che mi riguarda, a parte l’inquietudine che viene dallo scoprire i retroscena della storia, i momenti più intensi li ho provati nei duelli con i Big-Daddy. Sono goffi e lenti, vero, ma solo fino a quando non li si fa arrabbiare: allora diventano veloci, letali ed assolutamente spietati. Se aggiungiamo che sono corazzati come rinoceronti in armatura, capiremo che almeno all’inizio è meglio evitarli, o quantomeno usare l’astuzia anziché la forza. La storia del gioco è interessante, anche se non eccessivamente originale. Jack scoprirà cosa è successo a Rapture tramite audio-diari lasciati dagli abitanti (altra cosa presa in prestito da System Shock). Le ambientazione sono sempre scure e cupe, e mirano a creare un senso di inquietudine, spesso riuscendoci (l’orfanotrofio delle Sorelline e la “fabbrica” di Big-Daddy sono tra le più riuscite). Riassumendo, BioShock non fa della paura vera la sua spina dorsale, ma ha i suoi momenti. Lo spavento non è la pietanza, ma è un contorno saporito. E’ godibile specie se, come me, avete un debole per il body horror (il body horror suscita paura e raccapriccio attraverso brutture fisiche, servendosi di mutanti, di corpi devastati da malattie fisiche, mentali etc.) e gli scienziati pazzi.
In una parola: STILOSO
BioShock è un bel gioco, anche se a parer mio avrebbe potuto essere anche più bello (anche se ammetto che questo è un commento da bar). L’atmosfera è davvero azzeccata, la storia è semplice ma efficace, la veste multimediale è ottima. Peccato che la meccanica di gioco sia una pallida imitazione di quello che fu System Shock. Una tacca sopra ad un generico FPS e molte tacche sotto ad un generico RPG. Si poteva introdurre qualche elemento di profondità in più. A parte questo, Rapture è piena di fascino e misteri. E sotto le onde, vi aspetta, con tutto il suo serraglio di inquietanti abitanti.
SCREENSHOT
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Testato su pc:
- Windows® Vista® SP1
- Intel® Core 2 Quad Q6600
- 3Gb RAM
- Nvidia GeForce® 8600 512MB
- Scheda Audio Realtek 5+1
- Masterizzatore DVD Hitachi
- Mouse ottico Trust
- Tastiera IBM
- Connessione ADSL 7Mbit
NOTA
Il gioco viene distribuito sia in versione scatolata che in versione digitale tramite diversi servizi di direct download tra cui Steam di Valve. Necessita inoltre di una connessione ad Internet per poter essere attivato. Le differenze con la versione X360, uscita prima, sono da ricercare soprattutto nel dettaglio grafico: la versione PC offre supporto per le DirectX 10, il che aumenta la resa sulle schede che le supportano. Da fonti su Internet leggo che il dettaglio della versione X360 è parificabile a quello “massimo” con le DirectX 9 sotto XP. Il gioco si appoggia sul motore Unreal 3, che è notoriamente in grado di sfruttare le architetture multicore: per giocare a BioShock è quindi importante non solo una buona scheda video, ma anche un processore di ultima generazione. Il gioco è stato da un po’ aggiornato alla versione 1.1. La patch risolve alcuni problemi con gli schermi 16:9 ed aggiunge qualche opzione al sistema di gioco (ad esempio, è possibile disattivare le Vita Chambers). Dulcis in fundo, nel 2010 potremo goderci la trasposizione cinematografica del gioco, ad opera dello sceneggiatore John Logan (L’Ultimo Samurai, Sweeney Todd) e diretta dal regista Gore Verbinski (Pirati dei Caraibi, The Ring). Incrociamo le dita.
Pregi:
- Ambientazione intrigante e piena di fascino
- Grafica e sonoro di ottimo livello
- Storia interessante
- Divertente da giocare, almeno all’inizio
Difetti:
- Gameplay eccessivamente semplificato
- Basso replay value
- Finale un po’ deludente
- Pecca di profondità (ok, la smetto…)
FABIO FRANCHELLO
Email: [email protected]
L’opinione di Fabio Cannata’ su Bioshock:
BIOSHOCK
Rapture, l’immensa utopia sottomarina sfondo di questa folle avventura nasce da un interrogativo:
A che punto sarebbe oggi il progresso umano se non fosse frenato dalla morale e dall’etica? E’ veramente questo il livello massimo che l’uomo ha potuto raggiungere? Oppure no? E’ fantascienza, ma neanche troppo, pensare a Bioshock come una delirante ucronìa, una delle tante direzioni che avrebbe potuto imboccare la realtà in presenza di particolari circostanze. Uno dei mondi possibili se le leggi che ci governano fossero state diverse.
VOLUPTAS DOLENDI
Andrew Ryan costruisce Rapture in fondo all’ oceano, esalta l’individuo, l’iniziativa personale, condanna “il parassita”, libera la scienza da ogni catena e genera un luogo perverso e decadente. Ciò che rende Bioshock un’ esperienza unica è proprio la sensazione di malessere che ti prende allo stomaco mentre esplori le malsane atmosfere del gioco. E’una sensazione forte, ti disturba ma allo stesso tempo ti cattura, ti rapisce. Ospedali, giardini, teatri, tutto a Rapture è così morbosamente folle da ghiacciare il sangue nelle vene. Il paradosso di una città dalla tecnologia genetica ultra avanzata, in un contesto art deco, un noir anni ’50, è uno dei fattori più riusciti e affascinanti. Rapture è un luogo fuori dallo spazio e dal tempo, o forse, in ogni spazio e in ogni tempo. Passato, presente e futuro non hanno senso a Rapture, tutto è soggettivo, tutto è relativo.
SCEGLI IL TUO DESTINO
Definire Bioshock uno sparatutto è a dir poco riduttivo. Le armi che vengono di volta in volta utilizzate, con gusto e sadismo sempre maggiori nel fare a pezzi decine di ricombinanti, sono solo un elemento necessario per proseguire nell’ avventura. I Plasmidi, pittura genetica sulla tela dell’Adam, permettono di sviluppare poteri sbalorditivi. Insetti che camminano sotto la pelle pronti ad attaccare, il controllo degli elementi sulla punta di un dito, la manipolazione di tutto ciò che ci circonda. Tutto questo è indispensabile per sopravvivere a Rapture, ma non è l’essenza del gioco. Bioshock va vissuto più che giocato. La difficoltà nel procedere non sta nello sforzo effettivo di aggirare le macchine o di annientare i ricombinanti. La cosa più difficile è trovare il coraggio di guardare dietro l’angolo, di sopportare la voce di una sorellina che chiama il suo Big Daddy. L’innocenza sporcata delle bambine, unico veicolo della linfa vitale di Rapture, rimanda all’interrogativo iniziale. Se non ci fosse un freno all’intelletto umano, nemmeno una piccola creatura verrebbe risparmiata dall’orrore, anzi, ne diverrebbe la principale vittima. E tu che cosa faresti? Rapture ti fa scegliere il tuo destino: uccidi le bambine e prendi tutto l’Adam possibile, la materia prima per la mutazione genetica, oppure salvale, decidi di sacrificarti al posto loro. Due scelte per due finali diversi, nulla è scritto a Rapture, il giocatore è sottoposto lui per primo all’interrogativo morale di Ryan.
SE DI DIFETTI SI TRATTA
In un gioco dove tutto travalica gli abituali confini della nostra mente di videogiocatori, dove tutto è disegnato e costruito con una lucida e perfetta follia, trovare qualcosa che stride non è facile. Forse in un contesto simile ci si aspettava di trovare enigmi altrettanto insoliti, risolvibili calandosi nella mentalità maligna del gioco. Le cabine di respawn sono frequenti e una volta imparato a convivere con i ricombinanti e la cappa di angoscia, proseguire diventa un’impresa tutt’altro che ardua. Se da una parte questo toglie un po’ di sfida, permette di concentrarsi più sui geniali particolari del design piuttosto che sulla propria salute. Nulla a Rapture è necessariamente un difetto. Se una pecca c’è, è che avanzando, livello dopo livello, cresce la consapevolezza che prima o poi il gioco finirà e che ti risveglierai nella tua ordinaria cittadina emersa. Allora centellini ogni passo, guardi dietro ogni angolo per non perderti neanche un dettaglio di questa malvagia meraviglia.
NUOVA FRONTIERA
Bioshock è un titolo sensoriale, emozionale. Nulla del genere si è mai visto prima su qualsiasi piattaforma. Horror, Fantascienza, il consueto binomio Amore-Morte in ogni sua sfaccettatura sono solo alcune delle sfere abbracciate dal titolo. Tecnicamente perfetto, stilisticamente sublime, Bioshock cambierà la vita videoludica di chi riesce a interpretarlo con la giusta sensibilità, la stessa che faceva apparire un’ inquietante allucinazione le avventure di Alice e del coniglio bianco. Per tutti gli altri, Bioshock è semplicemente un titolo imperdibile.
FABIO CANNATA’