Bubba Ho-Tep

Libri horror

Joe R. Lansdale

pubblicato nel 2002

Voto: 6.5/10

Bubba Oh-Tep è un breve racconto di Joe R. Lansdale, omaggio alle storie di serie B cui l’autore si vanta d’essere un appassionato lettore. Molto breve, appena 96 pagine – scritte anche in caratteri grandi – è una storia degna del particolarissimo stile di Lansdale: ironico, surreale e dal linguaggio piuttosto crudo e volgare.

LA STORIA:
Elvis Presley non è morto: è ricoverato presso una casa di riposo per anziani, in cui passa le sue giornate a contemplare la malattia che gli infetta i genitali e a ricordare – ma senza rimpianto – i tempi andati.
Insieme a un altro anziano suo vicino di stanza di colore che si crede J.F. Kennedy, si ritrova ad affrontare una mummia egizia (appunto Bubba Oh-tep, che dà il titolo alla storia), assetata di anime, che aspira avidamente attraverso i pertugi anali.
Sarà per loro due l’ultimo riscatto di una vecchiaia privata della benché minima dignità.

IL LIBRO:
Assurdo. Ecco l’aggettivo che mi viene per primo in mente per definire questo breve romanzo, con l’accezione positiva del termine, s’intende.
A prima lettura può sembrare un lavoro giovanile dello scrittore, rispolverato e ripubblicato: ma non è così. Bubba Oh-tep è uno degli ultimi brevi romanzi che Lansdale periodicamente pubblica (soprattutto in America), uscito appena nel 2002 e a cui si sono anche ispirati per fare un film.
Lo stile di Lansdale in questo libro è estremamente diretto, cinico, estremamente dissacrante per alcuni versi e decisamente volgare; molto più del solito. Ma è una volgarità forte e voluta per accentuare in maniera marcata la mancanza di dignità che la vecchiaia purtroppo spesso porta con sé. Il modo di parlare e porsi di Elvis “the Pelvis”, decisamente scontroso e pieno di allusioni sessuali, potrebbe dare fastidio al lettore; ma se proviamo a immedesimarci un attimo nella sua situazione e facciamo meno i moralisti, forse potremmo scoprire che forse è molto umano il fatto che questi manifesti il suo rifiuto ad una vecchiaia malandata opponendosi con metodi fuori dalle righe.
In finale, Elvis è un povero vecchio, abbandonato in una squallida clinica piena di anziani di cui la maggior parte sclerati, costretto alla semi immobilità dai dolori e all’umiliazione di ricevere battute ironiche sul suo stato di salute mentale – e fisico – da parte delle infermiere che si occupano della sua persona.
Non ha neanche la consolazione di avere accanto moglie e figlia, persone che evita di contattare solo perché ha paura ricevere da loro secco un rifiuto: meglio vivere nel dubbio che avrebbero potuto volergli bene, che accettare il fatto che possano ignorarlo.

IL CONSIGLIO:
Onestamente: leggetelo se già avete avuto la fortuna di apprezzare Lansdale, perché questo è decisamente un libro dedicato al “suo” pubblico più ristretto, come ammette anche lui in un a breve intervista pubblicata alla fine del libro.
Un libro di questo genere, credo, può solo spaventare un lettore che decide di leggere “Bubba ho-tep” come prima opera per conoscere questo autore, e magari indurlo a non guardare più neanche un volantino che arrechi sopra il nome “Lansdale“.
E’ una storia surreale, obiettivamente (protagonisti: Elvis Presley, un vecchio matto che si crede Kennedy e una mummia succhia anime da tergo…) apprezzabile, credo, solo da chi ama già questo bizzarro scrittore, e prenderlo come un piccolo “omaggio” ai suoi fans più accaniti.
Come lo stesso autore afferma, è una storia di “Serie B”, volutamente “trash” e allucinante; ma d’altronde Lansdale non si è mai vergognato di ammettere di essere un accanito lettore di fumetti e racconti di nicchia e appassionato cultore di B-movie.
Per cui, spassionatamente, leggetelo se già avete letto e apprezzato qualcos’altro dello stesso autore (come nel mio caso, ad esempio, “Tramonto e Polvere” o “Il mambo degli Orsi“).

BREVE COMMENTO PERSONALE:
Spesso vedo oltre alla semplice trama che un libro descrive, perché mi piace riflettere su quello che potrebbe insegnarmi quel libro. Lo faccio sempre, ogni volta che leggo, per renderlo “mio”.
In questo caso, l’immagine di questi due anziani, costretti alla solitudine in una casa di cura, devo dire che mi ha lasciata molto amareggiata, perché so che questa è la realtà, che Lansdale ci sbatte in faccia con metodi rudi e volgari, ma veri.
Non so quanti di voi abbiano avuto a che fare con degli anziani, e non tutti passano una vecchiaia rassegnata e serena; la frequenza con cui si lasciano andare a piccole cattiverie o ripicche non è così rara. E’ un modo, credo, per farsi notare in qualche tutto, per dire “Sono qui, ci sono ancora”, per urlare , in un certo modo, la rabbia e la paura di non essere più amati e considerati. Di essere messi da parte, di non essere semplicemente ascoltati.
E quando alla vecchiaia si aggiungono i problemi derivanti, quali l’arterio sclerosi o l’halzeimer, la situazione non è di certo più gradevole, e non è difficile trovare chi, davvero, si lascia andare purtroppo anche a volgarità gratuite. Succede, è un dato di fatto, e non possiamo probabilmente fare nulla per evitarlo. Solo, forse, provare ad avere compassione e pazienza. Forse per questo non ho trovato Elvis così sopra le righe come qualcun’altro potrebbe fare…

Se penso che già sono scorbutica adesso, non oso pensare a come sarò da vecchia… 

Fededeb (ciao.it) 14-02-2006

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